martedì 12 aprile 2011

... riflessioni da luoghi lontani

Ciao a tutti.

Mi è arrivato un lunghissimo commento sul blog. E' di un amico che viene da molto lontano. E' un "pezzo di vita", è comprensione e incomprensione, stima e amarezza, un mix di sentimenti opposti, ma sempre "gestiti" in maniera critica e positiva. Mi sembra giusto dargli lo spazio che merita perchè sicuramente può essere spunto di riflessione per tutti noi.

Carissimo Luca, intanto complimenti per il tuo Blog, è un tentativo di dialogo interessante. Il tuo tentativo dimostra intelligenza e sensibilità, ed io ritengo questa un occasione d'oro per potere comunicare con te.
Mi chiamo Giovanni, ho 30 anni, viaggio molto, ma vivo a Ragusa, in Sicilia.
Mi dispiace molto che la gente (dovremmo definire meglio il concetto di “gente”, ma lo farò in seguito) vi definisce “sbirri di merda”.
Deve essere davvero frustrante rischiare, come racconti tu, la vita tutti i giorni, e poi sapere che alcune persone parlano male di voi.
Tuttavia devo dire che sebbene tutte le mie esperienze con le forze dell'ordine siano state negative, ci siano anche persone che scelgono il percorso della “divisa” spinte e motivate da solidi ideali.
Attenzione, non TUTTE le mie esperienze sono state negative, ho quattro amici nei carabinieri, un cugino finanziere, un amico pompiere (anche se non sono proprio “forze dell'ordine”) un paio di amici “poliziotti di quartiere” e un caro amico nell'aeronautica militare. Ah, dimenticavo che il mio bisnonno era carabiniere e che un altro caro amico è pure ispettore di polizia.
Ciononostante, quando qualche uomo in divisa e col cappellino mi incontra per strada, si manifestano subito delle strane situazioni...
Forse perché non temo l'autorità, e credo che se hai un cappellino non sei diverso da me. Forse perché ho molte conoscenze in divisa e quindi guardo per capire se riconosco qualcuno... forse perché sto a testa alta, faccio quello che mi pare e quindi non dimostro la riverenza o la sottomissione che gli uomini in divisa vorrebbero si dimostrasse loro...

Proprio l'altro giorno, credo fosse martedì, mi trovavo in un autogrill a Catania. Ero davanti al bagno, aspettando la mia ragazza che uscisse. Tenevo in mano un cornetto algida, e nell'altra mano avevo un succo di frutta e tenevo il guinzaglio del cagnolino della mia ragazza.
Un carabiniere mi passa davanti, fischietta al cagnolino e lo guarda, io lo guardo pure, poi va in bagno. Qualcosa va storto perché dopo qualche minuto, mentre sto facendo una regolarissima manovra per fare benzina, il tipo di prima mi si avvicina, mi grida contro parole sconnesse, poi mi intima di rimettere la macchina in posizione corretta, altrimenti mi ritira la patente e mi “lascia a piedi”. Lo guardo, mi guardo in torno, rimetto la macchina in “posizione corretta”, causando tra l'altro un casino, poi lo guardo e scendo dalla macchina per cercare un chiarimento.
Proprio nell'istante in cui mi vede arrivare si guarda in torno, fa finta di non capire, poi si gira e mi da le spalle. Io lo chiamo gentilmente e gli dico: “Scusi, non è per volere fare polemica, ma data la sua reazione, volevo sapere se c'è un nuovo articolo del codice della strada, oppure avrei dovuto capire da solo che non potevo fare quella manovra”
Il carabiniere si trova in difficoltà. Sono più basso di lui, ma lo guardo con una tranquillità che forse lo spaventa. Comincia a balbettare e fa ancora “l'arrabbiato”. Mi mostra un cartello di divieto, ed io gli faccio notare che quel divieto si trova nell'interstizio con l'autostrada e che è messo lì perché qualche idiota non prenda l'autostrada contro mano. Il benzinaio mi da ragione, suscitando l'ilarità generale. Gli faccio notare che a terra, ci sono disegnate delle frecce che indicano chiaramente che è possibile fare quelle manovre e che per come è situato il parcheggio, se io uscivo da lì avrei dovuto necessariamente fare quella manovra. Il carabiniere non sa più cosa dirmi. Sbatte gli occhietti, inghiotte, balbetta. Alla fine prorompe pomposamente “L'ho fatto per lei! Se avesse avuto un incidente non l'avrebbero pagata!”. Gli faccio notare (guarda tu il destino!) che proprio qualche settimana fa in un autogrill un tizio usciva di retromarcia e mi prende in pieno proprio mentre io faccio manovra all'interno di un autogrill e l'assicurazione mi ha risarcito pienamente.
Alla fine gli dico: “senta, non è che se lei si sente frustrato dal suo lavoro se la deve prendere con me... credo che si sia rivolto a me col tono sbagliato, senza alcun motivo, e che avesse solo bisogno di sfogarsi, poi non si lamenti se la gente vi guarda con sospetto e prende le distanze da voi. Arrivederci”.
Il carabiniere, grande, grosso, più alto di me, abbassa il capo, guarda per terra, e non ha nemmeno il coraggio di guardarmi. Si è sentito rimproverato forse, ha le orecchie tutte rosse. A qualche metro di distanza ci sono delle giovani leve. Guardano la scena in silenzio.
Comunque, preso un po' dalla compassione gli do una pacca sulla spalla e gli dico, “non è successo niente”, alla prossima. E me ne vado.
È così che ho fatto amicizia con la gente in divisa. Però non capisco alcune cose sinceramente.
C'è un concetto di fondo che non funziona.

Ti racconto un'altra esperienza.
Qui avevo torto marcio, ma i due poliziotti della stradale che mi hanno fermato, secondo il mio modesto parere hanno un po' esagerato.
Allora, torno da Marina di Ragusa, con un amico. Abbiamo bevuto due birre.
Mi fanno l'alcol test e trovano nel mio alito (tra l'altro ora si sa che quei test non sono attendibili) un valore di alcol superiore a quello consentito.
“Che sfortuna, se l'avessimo fermata la settimana scorsa non le avremmo nemmeno fatto la multa, ma il tasso minimo è cambiato proprio in questi giorni, quindi siamo “COSTRETTI” a ritirarle la patente.”
Bene... comincia un dialogo abbastanza sereno, in cui spiego loro che potrebbero chiudere un occhio, che posso fermarmi pure lì, e fare guidare il mio amico (fanno l'alcol test anche a lui e lo trovano apposto... questione di un decimo...)
Loro mi dicono che sono stato sfortunato...
“Noi ne dobbiamo prendere uno a sera, e stavolta ci è capitato lei, è una questione statistica!”
“E poi se la lasciassimo andare adesso, e poi lei ha un incidente, noi finiremmo ne guai”.
“Ma non c'è nulla che certifica che voi mi avete fermato, proprio qualche giorno fa due amici poliziotti che avevano finito il turno, sono passati a prendersi due birre dove lavora mio fratello, e per scherzare, hanno chiesto a dei ragazzi che erano lì se volevano provare la macchinetta dell'alcol test. Anche i poliziotti erano fuori limite massimo, hanno stampato tanti “scontrini”, poi hanno aperto la macchinetta, hanno tolto le matrici, e se ne sono andati a casa.” Ribatto io.
E loro di nuovo con la storia che lo fanno per me, che io ora sono arrabbiato e che li ringrazierò un giorno. Questa sinceramente mi sembra la scusa per togliersi dagli impicci. Avrei potuto dire loro “Sono amico di...” e mi avrebbero lasciato andare (ne ho avuto la conferma qualche giorno dopo, quando uno dei due si è scusato con me) ma mi faceva veramente schifo la situazione.
Ma il caso, il destino, o chissà chi, intervengono ancora: passa di lì un ragazzino completamente ubriaco con un centoventicinque. Cade a terra a 10 metri da noi, la moto gli cade addosso. Si alza per pisciare, non si accorge nemmeno che c'è una volante ferma.
Poi la moto cade ancora. Si gira e la prende a calci. Poi cade di nuovo a terra. Io ed il mio amico ci guardiamo in faccia. Corriamo subito dal ragazzo per dargli una mano. Quello ci vede, vede pure la volante, e scappa via sulla moto, correndo a zig zag e facendo un gran rumore.
Io guardo i poliziotti e dico loro: “Avete il vostro uomo, avete la possibilità di fermare uno davvero ubriaco, che può fare male a sé stesso e a qualcun altro. In oltre dite che ne dovete fermare uno a sera, eccolo lì, non andrà lontano in questo stato. Io vi aspetto qui, tenetevi i miei documenti, e se quando avrete finito con lui quella macchinetta continuerà a dire che sono “ubriaco”, mi toglierete la patente.”
Uno dei due mi guarda e mi dice: “Noi non ne vogliamo rogne, metta una firma qui che invece ce ne andiamo tutti a casa, e si faccia venire a prendere da qualcuno altrimenti devo chiamare il carro attrezzi”
“Beh, il mio amico ha un tasso alcolico nella norma, non può guidare lui?”
“Ah, già” risponde uno dei due.
Ce ne andiamo e per sei mesi resto senza macchina, deluso da sistema, e deluso dalle autorità.


Capisci caro Luca?
Questa non è elasticità. Questa è un'applicazione rigida e con i paraocchi della legge. Per di più fu un'applicazione imparziale perché se proprio dovevano togliermi la patente la dovevano togliere anche al ragazzo con la moto.


Te ne racconto un'altra.
La settimana scorsa a Catania in via Rapisardi, cercavo un numero di porta. Da premettere che a Catania si guida come dei pazzi, non so se lo sai. Comunque, le macchine procedono in doppia fila, sebbene ci sia la doppia carreggiata per gli autobus.
Io sto sul mio lato, anche se ci sono macchine posteggiate pure in doppia fila e ogni tanto tutti ci spostiamo a sinistra per potere passare. D'un tratto una signora si mette a suonare dietro di me. La guardo dal retrovisore e le faccio un cenno con la mano, per dirle che non posso andare da nessuna parte, davanti a me ci sono macchine, a destra ci sono quelle parcheggiate e a sinistra... a sinistra c'è una macchina della polizia che si muove in doppia fila. Abbassano il finestrino, e un poliziotto barbuto mi urla contro “Ma che cazzo fai!, libera la carreggiata!”
E io gli dico: “ah, io?! voi siete sulla carreggiata dell'autobus! e per di più se dovreste essere in quella carreggiata dovreste andare nel senso opposto, siete contro mano!”
Quello mi guarda con gli occhi di fuori, battendo le mani sullo sportello e mi dice “Ma che cazzo dici!?” poi si mette ad urlare altre cose insulse, ed io salgo il finestrino e lo ignoro.
Nel frattempo un autista di autobus, di quelli belli tosti, catanesi, arriva a tutta velocità.
Siccome a Catania gli spazi sono troppo stretti, e gli autobus non hanno dei freni collaudati, il povero autista si mette a suonare come un pazzo.
Il poliziotto che guida allora tenta una manovra di fortuna. Per salvare capre e cavoli e si tira sopra una macchina posteggiata dove dentro c'erano due bambini.
Io voglio fermarmi. Penso tra me e me. Ora scendo e glielo dico “Ve la siete cercata...”
ma la mia ragazza mi guarda (mi conosce) e mi dice “senti, andiamocene!”
La adoro, è più saggia di me forse.

Ma me ne sono capitate tantissime di queste situazioni.

Qualche volta ho fatto la prova di dimostrarmi sottomesso.
Allora lì, soddisfacendo il loro bisogno di sentirsi autoritari, mi lasciavano andare.

Un'altra situazione assurda a Catania.
Abitavo proprio nella strada che segna il confine fra il centro “Vivibile” ed il quartiere di “San Cristoforo”, uno dei quartieri più malfamati di Catania.
Non so se ci siano ancora, ma in quel periodo giravano un agente e due leve dell'esercito, a fare dei controlli. A Catania si limitavano a passeggiare per la Via etnea, guardare i culi delle ragazze, e possibilmente cercare di attraccare. Vergognoso.

Vergognoso anche il giorno in cui ero seduto al duomo, verso le nove di sera, e un agente e due militari mi chiedono i documenti. Mi tengono a parlare per mezz'ora, vogliono sapere che faccio, dove abito, cercano di incutermi timore con domande a trabocchetto, ma io li guardo serenamente. Più sono sereno e più si innervosiscono. Poi devono lasciarmi andare, perché come al solito, non ho nulla né da nascondere né da temere. Io dico loro: “perché ve ne state qui? perché non fate cento metri in quella direzione? Lì ci stanno prostitute, ci stanno ragazzini di nove anni che girano a tutta velocità su delle motorette a benzina microscopiche, e più il là in quella direzione ci stanno dei tunisini che ogni giorno che torno a casa mi rompono le palle dicendomi “Vuoi fumo cumpà?”
L'agente voltandosi farfuglia... “è territorio off limits”
Poi vado a casa, i tre sono ancora lì, fermi che mi guardano.
Attraverso il “territorio off limits” e vengo aggredito da due ragazzini che cercano di scipparmi il marsupio. Sul momento grido aiuto.
Poi vedo che i tre in divisa guardano la scena e si girano dall'altra parte.
Allora me la sbrigo da solo.
Scaravento un ragazzino per terra, e l'altro lo sbatto su di un palo.
Poi quando mi giro a guardare i tre in divisa se ne sono andati.
Decido di correre verso casa. Il quartiere è brutto, si sono fatte quasi le dieci meno un quarto, è una questione di sopravvivenza.

Con i miei amici poliziotti ci parlo spesso. A volte dico loro: “Quando vi hanno preso vi hanno fatto un test per verificare se eravate idonei oppure no. Riflettete su quel test. Avevate grandi ideali, avevate voglia di potere esercitare l'autorità. Non siete persone dedite all'arte, al pensiero creativo, non avete un'intelligenza brillante... altrimenti avreste fatto gli ingegneri o gli scienziati, o i filosofi! siete fatti per sottostare ad una gerarchia. Avete tutte le caratteristiche per essere “indottrinati” proprio per il modo in cui credete che potete rendere il mondo migliore.”
Loro mi rispondono che non è vero... a volte si offendono, a volte rimane in loro un dubbio e diventano riflessivi. Non è bello sentirsi dire queste cose, ma le dico loro perché li stimo, perché sono miei amici.
Però resta il fatto che alla fine di ogni discorso, dico spesso una serie di frasi: (magari non sempre con le stesse parole...)

  • Se vuoi migliorare il mondo DEVI avere senso critico, assumerti la responsabilità delle tue scelte e sopratutto non PUOI obbedire a nessuno, devi ESSERE LIBERO!
  • Non renderai la vita migliore a qualcuno abusando della tua autorità
  • Sii sincero con te stesso e almeno ammetti che hai desiderato la divisa ed il cappellino non perché credi di essere Madre Teresa di Calcutta ma perché hai BISOGNO di sentirti AUTORITARIO. Quindi interrogati sul perché senti questo bisogno
  • Se credi di essere Madre Teresa di Calcutta vai da uno psicologo, oppure fatti frate o monaca
  • Se volei davvero aiutare il mondo la scelta di sottostare alla rigida gerarchia di un sistema militare è stata la scelta peggiore.
  • L'arma difende i potenti e non i deboli. Se fosse il contrario i politici italiani sarebbero tutti morti
  • L'esercito ha i suoi interessi, economici, politici, strategici, non farebbe mai una guerra se non ne traesse un vantaggio. Ricordati che sei in un “esercito”
  • E qui mi riallaccio anche al tuo discorso su Nassiriyya.
  • Mi spiace davvero molto che dei ragazzi siano morti.
  • Ma muore tanta gente tutti i giorni. Hanno scelto loro quella strada.
  • Forse volevano cambiare il mondo. Ma era il modo sbagliato. Non erano degli eroi, anche se ai Mass Media ed al Potere fa comodo che noi crediamo che sia così. E anche alle madri ed ai padri, e ai parenti... Se il presidente della Repubblica dice che erano degli eroi, le loro morti trovano un senso. Non tutte le madri però trovano un senso alla morte dei loro figli. Se ne trovassero uno, anche se fosse la cosa più assurda, si aggrapperebbero a quella cosa, perché la morte di un figlio è SEMPRE inaccettabile.
Direi che c'è tanto su cui riflettere. A voi la possibilità di dire la vostra.
... dove ci hai scovato caro Giovanni?

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