giovedì 19 maggio 2011

Fiero di essere un poliziotto qualunque

Ho letto sul Corriere della Sera di oggi, giovedì 19 maggio, questa bellissima lettera di un poliziotto.
La voglio riproporre sul blog perchè mi sembra che sia la testimonianza "in carne ed ossa" (e non solo teorica come il nostro lavoro!) di quello che abbiamo pubblicato sul blog.

Caro direttore, conceda che per il 159° anniversario della Polizia, sia un poliziotto normale, uno come tanti, ad occupare qualche riga del suo giornale. Uno che potrebbe essere di quelli che vanno a prendere i latitanti importanti o gli spacciatori sulla strada. Oppure uno di quelli di cui si sente la mancanza quando qualcuno ci sorpassa a destra in autostrada o che si maledice se ci fa il verbale per il cellulare al volante.
Oppure uno di quelli, quasi invisibili, davanti ad un posto fisso o dietro una scrivania a compilare passaporti o permessi di soggiorno.
Oggi non è la nostra festa. E un anniversario. C`è differenza.
E questo si capisce quando nei premi c`è sempre una medaglia alla memoria. Come puoi invitare ad una festa la madre o la figlia di uno che non c`è più? Ecco. Vorrei poter dire come l`attore di un film... «le parole sono importanti!».
Sa da cosa ho capito che il nostro mestiere è difficile in un Paese come il nostro? Mica stando per strada. Ma su un treno. C`erano dei ragazzi inglesi che leggevano l`avviso, tradotto anche nella loro lingua, «è severamente vietato gettare oggetti dal finestrino».
«Strictly forbidden!» e giù risate. Pensavo ci fosse un errore ortografico o una cosa simile. Invece no. Mi hanno chiesto: «Ma perché vietate severamente? Che bisogno ne avete? Una cosa o è vietata o no. Avete per caso cose un poco vietate?».
E lì che ho capito. Ho avuto quella scritta sotto gli occhi in tanti viaggi sin da bambino. E non ci avevo mai fatto caso.
Ed ho pensato che forse è anche per questo che fare per lavoro il «tutore della legge» non è facile in un po- sto che usa tanti rafforzativi per dire quello che non si può fare.
Ma badi bene. Io non mi lamento del mio lavoro. Né voglio sembrare quello che fa una cosa più importante o rischiosa degli altri. Sa, ne ho visti di infortuni sul lavoro. Ho visto ragazzi con la testa rotta per una trave fissata male ed un casco che non c`era. E nel colore del sangue e nel dolore dei familiari non ho visto differenze con quello che accade quando muore uno di noi.
Ecco. A proposito di morte e di parole. Vorrei che nessuno dicesse più di noi poliziotti:
«Gente che rischia la vita per pochi euro», C`è chi svolge una attività lavorativa al solo scopo di trarne profitto. Ma sul vocabolario la parola che trovate a questa definizione non è poliziotto ma mercenario.
Se permette c`è differenza.
Volendo essere un poco retorici, mi lasci dire che anche se tutto sembra misurarsi in termini economici ci sono cose che ancora si possono fare non per denaro ma semplicemente perché si crede che essere d`aiuto a qualcuno valga anche qualche rischio.
A proposito sempre di parole.
Sa quali vorrei venissero ascoltate di più nei discorsi ufficiali? Quelle dove si rivolgono alle donne e agli uomini della Polizia di Stato. Sono parole importanti sa? Perché dovrebbero ricordare a tutti che chi veste una uniforme non è uno diverso dagli altri. Ha i suoi pregi e i suoi limiti.
Così come sono contento di leggere il motto per il nostro «anniversario». C`è più sicurezza insieme. Ecco. Insieme mi piace davvero tanto. Che poi mica e una grande scoperta, no? Quando è che abbiamo più paura? Quando camminiamo soli per strada. Quando non c`è nessuno di conosciuto nelle vicinanze. Io penso che noi indossiamo questa uniforme per dirvi che noi siamo quelli che potete riconoscere.
Ma vorrei anche dirvi che ci farebbe davvero piacere se anche voi voleste stare insieme a noi. Sono convinto che il nostro lavoro sarebbe più facile. E che commetteremmo meno errori (perché sì, a volte sbagliamo anche noi).
Gentile Direttore, spero davvero voglia dare spazio ad uno che non ha il grado per parlare in televisione o indicare scelte strategiche in tema di sicurezza. Ma semplicemente ad uno di quelli che adesso metterà in fondina una pistola che spera di non dover mai usare, e la foto di sua figlia nel portafoglio sperando che possa essere sempre fiera del suo papà. Insomma, un uomo normale.

Un poliziotto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

2 commenti:

  1. Un ringraziamento all'Allievo Agente Luca Pacioli per aver pubblicato questa lettera, scritta con sincerità da un poliziotto qualunque e letta con un pizzico di commozione da...un poliziotto qualunque.

    RispondiElimina
  2. che bella lettera quella dell'agente Luca Pacioli! Non ricordo bene il percorso telematico che ho fatto per arrivare a leggerla questa lettera, proprio non saprei dire, ma sono contenta di esserci capitata. Grazie Luca.

    RispondiElimina